martedì 13 febbraio 2007

Le pari opportunità sotto la lente del Cnr



Le pari opportunità sotto la lente del Cnr
Lis, una lingua ricca di possibilità

“Qualche anno fa vedere per strada, al bar o sui mezzi pubblici i sordi che comunicavano a gesti suscitava al massimo curiosità. Ora sulla lingua italiana dei segni (Lis) si sa molto e questa conoscenza ha permesso ai non udenti di avere opportunità simili a quelle di chi sente. Tutto ciò è stato possibile grazie alla ricerca”. A pronunciare con soddisfazione queste parole è Virginia Volterra, dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione (Istc) del Cnr di Roma, la struttura scientifica che per prima in Italia si è dedicata allo studio sistematico della Lis, contribuendo in maniera significativa a cambiare la vita dei sordi.“L’interesse per la lingua dei segni”, racconta Volterra, “è iniziata presso il nostro Istituto (allora si chiamava Istituto di psicologia n.d.r.) dagli anni ’80. E’ bene ricordare che all’epoca questa forma di comunicazione non aveva neppure un nome: i sordi, che la usavano da tempo immemorabile come una sorta di ‘lingua privata’, la chiamavano ‘mimica’; gli udenti usavano invece il termine ‘linguaggio gestuale’ o ‘linguaggio mimico-gestuale’, Siamo stati noi, uniformandoci ad altri paesi europei ed extra europei, a scegliere il termine ‘lingua dei segni italiana’ “.Via via che le ricerche procedevano la lingua dei sordi si rivelava una forma di comunicazione molto più complessa di quanto apparisse all’esterno. “Studiando abbiamo scoperto regole che, in qualche modo, corrispondono alle strutture delle lingue vocali: la Lis ha tutte le caratteristiche tipiche di una vera e propria lingua, cioè un’articolazione sistematica, corrispondente all'articolazione fonologica che troviamo nella lingua vocale, ha una grammatica e una sintassi e ha norme in base alle quali i segni si modificano e si combinano con altri segni per formare le frasi, come avviene nelle lingue vocali in cui da un ristretto numero di fonemi e dalla loro combinazione è possibile creare un numero infinito di parole”.I primi risultati di queste acquisizioni furono immediati: “Il primo passo, per noi”, dice Volterra, “è stato imparare questa lingua, e devo confessare che non è stato facile, tanto che ancora oggi commettiamo molti errori. Non solo, dal 1982 è iniziato presso il nostro Istituto il primo corso di lingua dei segni, a cui seguirono pochi mesi dopo altri due corsi: uno per interpreti, l’altro per operatori e tecnici della Lis, organizzati dalla Regione Lazio, con la consulenza dell’Istc-Cnr”.Nello stesso periodo poi l’interesse cominciò a diffondersi in altri settori operativi, coinvolgendo logopedisti e insegnanti che erano alla ricerca di nuovi itinerari educativi, non soddisfatti in pieno dal metodo orale. “In particolare”, precisa la studiosa dell’Istc-Cnr, “un gruppo di logopediste cominciò a utilizzare il metodo bimodale con bambini in età prescolare, proponendo loro il linguaggio verbale accompagnato dal gesto; e in una scuola media speciale di Roma, due docenti iniziarono una sperimentazione didattica che prevedeva l’utilizzazione della Lis per migliorare l’espressione scritta e orale degli alunni, per dare loro il maggior numero di conoscenze sia sul piano del comportamento e dell’interazione sociale che sul piano culturale”.Poi incontri, convegni, pubblicazioni e approfondimenti hanno fatto il resto, apportando importanti cambiamenti nella società. “L’Ente nazionale dei sordi”, continua la ricercatrice, “ha attivato corsi Lis su quasi tutto il territorio nazionale. In diverse parti di Italia sono nate associazioni e cooperative per la diffusione della Lis, alcuni telegiornali vengono tradotti in Lis e interpreti Lis sono spesso attivi nel corso di manifestazioni pubbliche, ma soprattutto la Lis ha cominciato a entrare in alcune scuole e università. Sono stati pubblicati dizionari, grammatiche, ricerche linguistiche, psicolinguistiche, psicopedagogiche, sono nate nuove figure professionali: assistente alla comunicazione, educatore sordo, interprete Lis”.Risultati indubbiamente soddisfacenti, ma c’è ancora qualcosa da fare. “Occorre”, conclude Volterra,” un riconoscimento legislativo della Lis come una delle lingue minoritarie; corsi di lingue dei segni poi dovrebbero diventare insegnamenti ordinari nelle nostre università”.
Rita Bugliosi

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